Autore Topic: "Pensieri" sulla malinconia di G. Leopardi  (Letto 674 volte)

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"Pensieri" sulla malinconia di G. Leopardi
« il: Sabato 23 Marzo 2013, 23:55:48 »
Per quanto io non sia amante del Leopardi, devo ammettere che ogni tanto ne traggo ispirazione. Leggendo appunto su di lui in un vecchio libro, ho trovato questo suo pensiero, che effettivamente trovo molto vicino alla realtà; l'esorcizzazione del proprio malessere e della priopria malinconia spesso porta ad una sorta di compatimento nei primi tempi, e ad un isolamento sociale con il correre del tempo.

Cos'è? meglio? Apparire o essere?

da i Pensieri, XXXIV di Giacomo Leopardi

I giovani assai comunemente credono rendersi amabili fingendosi malinconici. E forse, quando è finta, la malinconia per breve spazio può piacere, massime alle donne. Ma vera, è fuggita da tutto il genere umano; e al lungo andare non piace e non è fortunata nel commercio degli uomini se non l'allegria: perché finalmente, contro a quello che si pensano i giovani, il mondo, e non ha il torto, ama non di piangere, ma di ridere.


Offline poeta per te zaza

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Re:"Pensieri" sulla malinconia di G. Leopardi
« Risposta #1 il: Domenica 24 Marzo 2013, 19:37:03 »
Bravo, Gabri, mi hai fatto venir voglia di rileggere i Pensieri del grande Leopardi,
e ho trovato, a proposito del riso, preferito nel mondo degli umani, quest'altro pensiero:



LXXVIII


         Due o più persone in un luogo pubblico o in un'adunanza qualsivoglia, che stieno ridendo tra loro in modo osservabile, né sappiano gli altri di che, generano in tutti i presenti tale apprensione, che ogni discorso tra questi divien serio, molti ammutoliscono, alcuni si partono, i più intrepidi si accostano a quelli che ridono, procurando di essere accettati a ridere in compagnia loro. Come se si udissero scoppi di artiglierie vicine, dove fossero genti al buio: tutti n'andrebbero in scompiglio, non sapendo a chi possano toccare i colpi in caso che l'artiglieria fosse carica a palla. Il ridere concilia stima e rispetto anche dagl'ignoti, tira a se l'attenzione di tutti i circostanti, e dà fra questi una sorte di superiorità. E se, come accade, tu ti ritrovassi in qualche luogo alle volte o non curato o trattato con alterigia o scortesemente, tu non hai a far altro che scegliere tra i presenti uno che ti paia a proposito, e con quello ridere franco e aperto e con perseveranza, mostrando più che puoi che il riso ti venga dal cuore: e se forse vi sono alcuni che ti deridano, ridere con voce più chiara e con più costanza che i derisori. Tu devi essere assai sfortunato se, avvedutisi del tuo ridere, i più orgogliosi e i più petulanti della compagnia, e quelli che più torcevano da te il viso, fatta brevissima resistenza, o non si danno alla fuga, o non vengono spontanei a chieder pace, ricercando la tua favella, e forse profferendotisi per amici. Grande tra gli uomini e di gran terrore è la potenza del riso: contro il quale nessuno nella sua coscienza trova sè munito da ogni parte. Chi ha coraggio di ridere, è padrone del mondo, poco altrimenti di chi è preparato a morire.
di sabbia e catrame è la vita...
o scorre o si lega alle dita...