Evtuscenko
Ucraino in Siberia
La stazione di Zimà
A parlare è infine la stazione stessa. Non si tratta di un’allucinazione uditiva. La stazione, riflesso di un duplice specchio, è l’io profondo del poeta: con la sua presenza gli rimesta nell’animo cure e inquietudini, lo consola, lo conforta e gli impartisce un viatico benedicente. Tramite suo, Evtušenko parla a Evtušenko, investendosi del personaggio che desidera essere.
«"Abbi pazienza, osserva, ascolta. / Cerca, cerca. Percorri tutta la terra. / Sì, la verità è buona, ma la felicità è migliore, / eppure non c’è felicità senza verità. / Cammina per il mondo a testa alta, / con il cuore e gli occhi in avanti, / e sul viso l’umida sferza delle nostre conifere / e sulle ciglia lacrime e tempesta. / Ama gli uomini, e saprai capirli. / Ricordati, io ti seguo. / Va’!" / E io andai. / E sono in cammino».
Quel «va’», lo si capisce bene, è un "apriti sesamo". Evtušenko sarà sempre il poeta-viandante per eccellenza. Anche quando il suo peregrinare e i suoi messaggi non avranno più ragione di essere per i mutati scenari politici del mondo.