Parte prima
Un vecchio marinaio s'imbatte in tre giovanotti invitati a nozze e ne trattiene uno.
È un vecchio marinaio,
trattiene uno dei tre.
"Per la tua barba grigia e l'occhio ardente,
perché ti afferri a me?
La casa dello sposo apre le porte,
sono un parente stretto;
tra gli ospiti la festa è incominciata,
senti l'allegro strepito e il diletto."
Quegli l'afferra con la scarna mano:
"C'era una nave..." incominciò.
"Lasciami, non toccarmi, vagabondo!"
Subito la sua mano cadde giù.
Il convitato subisce l'incanto dell'occhio del lupo di mare, ed è
costretto ad ascoltare il suo racconto.
Ma lo tiene con l'occhio sfavillante -
il convitato resta immoto,
ascolta come un bimbo di tre anni:
il marinaio è pago nel suo voto.
Il convitato siede su una pietra:
non ha scelta, deve ascoltare;
e così disse il vecchio uomo di mare,
il vegliardo dagli occhi chiari.
"La nave salutata uscì dal porto,
allegramente ci lasciammo andare
sotto la chiesa, sotto la collina
e la punta del faro.
Il marinaio racconta come la nave salpò verso sud con vento
favorevole e tempo chiaro, finché raggiunse l'Equatore.
Il sole si levò dalla sinistra,
venne fuori dal mare!
e lucido rifulse, e sulla destra
si rituffò nel mare.
Alto ogni giorno più, sempre più alto,
a mezzogiorno fino sopra l'albero..."
Sospira il convitato
che ascolta il suono del fagotto giungere.
Il convitato sente la musica, nuziale; ma il marinaio prosegue il
racconto.
Ecco, la sposa è apparsa nella sala,
rossa come una rosa,
e con ilari moti della testa
i musici le fanno strada.
Dà un profondo sospiro il convitato,
non ha scelta, deve ascoltare;
e così disse il vecchio uomo di mare,
il vegliardo dagli occhi chiari.
Il vascello è spinto dalla tempesta verso il polo Sud.
"E si levò in quel punto la tempesta
furiosa, prepotente;
percossi dalle sue ali ci spinse
lungamente nel sud.
Con le antenne inclinate e con la prora,
come chi se inseguito con grandi urla
calpesti ancora l'ombra del nemico,
china avanti la testa,
la nave si rubava alla tempesta
e fuggivamo sempre verso sud.
Poi vennero nel cielo nebbia e neve
e un freddo tanto saldo
che il ghiaccio a blocchi andava galleggiando
verde come smeraldo.
La terra del ghiaccio e dei rumori sinistri dove non si scorgeva
essere vivente.
Picchi, di là dal turbine nevosi
mandavano un bagliore
triste - non ombra d'uomo o d'animale -
ghiaccio, soltanto ghiaccio e il suo nitore.
Il ghiaccio era dovunque, era qua, là,
era tutto all'intorno;
crepitava, gemeva ed ululava
come, svenuti, s'ode un vano rombo.
Finché un grande uccello di mare, chiamato l'Albatro, venne
attraverso la nebbia nevosa, e fu accolto con grande gioia e
ospitalità.
E finalmente un Albatro passò,
attraverso la nebbia era venuto;
come se fosse un'anima cristiana
in nome del Signore gli demmo il benvenuto.
Mangiò il cibo non mai prima mangiato,
con lunghi giri ci ruotò sul capo.
Il ghiaccio si spaccò con un boato;
il timoniere ci guidò fra mezzo.
Ed ecco, l'Albatro si rivela uccello di buon augurio e segue il
vascello come questo ritorna verso nord fra la nebbia e i ghiacci
galleggianti.
Da sud il vento si levò propizio;
l'Albatro ci seguiva
e ogni giorno per cibo o per diletto
al richiamo dei marinai veniva.
Con nebbia o nube, all'albero o alle vele
venne per nove sere;
le notti intere al bianco fumigare
scintillava il riverbero lunare."
Il vecchio marinaio contro la legge dell'ospitalità uccide il sacro
uccello di buon augurio.
"Che Dio ti salvi, vecchio marinaio,
dai demoni che tanto ti tormentano! -
Perché guardi così?" - "Con la balestra
io stesi morto l'Albatro.
Parte seconda
Il sole ora sorgeva dalla destra,
venne fuori dal mare,
celato dalle nebbie, e alla sinistra
si rituffò nel mare.
E il buon vento del sud spirava ancora,
ma più non ci seguiva il dolce uccello,
né per cibo o per gioco più veniva
dei marinai all'appello.
I compagni imprecano contro il vecchio marinaio perché ha ucciso l'uccello di buon augurio.
Io avevo fatto un'infernale cosa,
e questo arrecherebbe molto male:
disse ognuno che avevo ucciso l'Albatro
che faceva spirare il vento australe.
"Empio!" dissero, "uccidere l'uccello
che faceva spirare il vento australe!"
Ma quando la nebbia si dirada, gli danno ragione e si rendono così complici del misfatto.
Non opaco, non rosso, come il capo
d'un Dio, glorioso il sole si levò:
e dissero che avevo ucciso l'Albatro
che portava la nebbia e la foschia.
"Giusto," dissero, "uccider tali uccelli
che portano la nebbia e la foschia. "
Il buon vento continua; la nave entra nell'Oceano Pacifico e
veleggia verso nord finché giunge all'Equatore.
Lieve la brezza spirava, la spuma
bianca volava, la scia ci seguiva;
noi fummo i primi che irrompemmo in seno
a quel mare silente.
Improvvisamente la nave è fermata dalla bonaccia.
Cadde la brezza, caddero le vele,
fu triste quanto può cosa esser triste;
noi parlavamo solo per spezzare
il silenzio del mare.
In un cielo cocente, arso, di rame
stava il sole sanguigno a mezzogiorno
a picco sopra l'albero e il sartiame
non più grande che luna.
Giorni e giorni, l'un giorno dopo l'altro,
stemmo fermi, non vento o movimento;
immoti come una dipinta nave
in un mare dipinto.
E l'Albatro comincia a esser vendicato.
Acqua soltanto, acqua d'ogni parte,
e le tavole aride e contorte;
acqua soltanto, acqua d'ogni parte,
non una goccia per la nostra arsura.
Anche il profondo imputridiva, o Cristo!
Che dovesse accaderci tale cosa!
Strisciavano vischiosi sulle zampe
corpi informi per l'acqua vischiosa.
Intorno, intorno, con ridda mai stanca
fuochi fatui danzavano la notte;
l'acqua simile all'olio delle streghe
bruciava tutta, verde, azzurra e bianca.
Uno Spirito li aveva seguiti; uno degli invisibili abitatori di questo
pianeta, non anime di trapassati, né angeli; intorno ad essi si
potrebbero consultare il dotto Giuseppe Ebreo e Michele Psello il Platonico di Costantinopoli. Sono assai numerosi, e non c'è clima o elemento che non ne contenga uno o più.
E qualcuno nel sogno ebbe certezza
dello Spirito tanto tormentoso;
nove tese profondo ci seguiva
dal paese di nebbia e dal nevoso.
Ciascuna lingua asciutta nella strozza,
seccata alla radice;
non potevamo più parlare, come
la fuliggine avesse fatto groppo.
I compagni, in quella loro disdetta, vorrebbero gettare la colpa sul vecchio marinaio; in segno di ciò gli appendono al collo il morto uccello di mare.
Ah ! tutti quali occhiate, quale atroce
sguardo volsero a me, giovani e vecchi!
L'Albatro al collo in luogo della croce
m'appesero i compagni.
Parte terza
Tempo grave. La gola era bruciata
e l'occhio di ciascuno fatto vitreo.
Un tempo grave fu, un tempo grave!
Come vitreo a ciascuno l'occhio grave
quando, volto a ponente, all'improvviso
vidi alcunché nel cielo.
Il vecchio marinaio vede un segno nel cielo lontano.
Parve alla prima una minuta macchia,
poi apparve come un velo;
e muoveva e muoveva e prese infine
una forma sicura contro il cielo.
Una macchia, una nebbia, una figura,
e sempre più vicino, più vicino:
come a eludere un fantasma marino
si tuffava, virava, bordeggiava.
Mentre s'avvicina, gli pare un vascello; e a caro prezzo scioglie la lingua dall'intoppo dell'arsura.
Con la gola assetata e le arse labbra
non potevamo ridere né piangere,
ma per l'arsura stemmo tutti muti!
E io mi morsi il labbro e succhiai sangue,
e gridai: "Una vela, una vela!"
Un lampo di gioia;
Con la gola assetata e le arse labbra,
a bocca aperta udirono il mio grido:
"Sia lode al cielo!" dissero in un ghigno,
e tutti insieme inalano il respiro
quasi stessero bevendo.
e segue l'orrore. Perché, può essere un vascello questo che viene senza vento né corrente?
"Su, guardate," gridai, "non vira più!
Viene al nostro soccorso;
senza un filo di vento o di corrente
la chiglia dritta qua dirige il corso."
Tutta una fiamma l'onda occidentale.
Il giorno era già quasi tramontato!
Quasi a fiore dell'onda occidentale
stava sospeso un gran lucido sole;
quando la strana forma si frappose
a un tratto fra noi e il sole.
Gli pare che non sia altro che lo scheletro di una nave.
Subito il sole si rigò di sbarre
(che la Madre del cielo ci dia grazia!),
come se prigioniero da una grata
spiasse con la grande ardente faccia.
E i tuoi fianchi si vedono come sbarre sulla faccia del sole calante.
Ahimè! (pensavo, e il cuore sussultava)
come lesta si fa sempre più avanti!
Son quelle le sue vele lustre al sole
come ragne vibranti?
La Donna-spettro e lo Scheletro e nessun altro a bordo della nave.
Sono quelli i suoi fianchi da cui il sole
guardava come dietro un'inferriata?
È quella donna tutta la sua ciurma?
Forse quella è la Morte? e sono in due?
È Morte che alla donna s'è accoppiata?
Quale il vascello, tale l'equipaggio.
Le labbra rosse, gli occhi erano audaci.
I ricci erano biondi come l'oro:
con una pelle bianca di lebbrosa
l'incubo Vita-in-Morte era, l'esosa
che fa gelare il sangue.
Morte e Vita-in-Morte hanno giuocato ai dadi l'equipaggio, e
questa (la seconda) vince il vecchio marinaio.
La squallida carcassa s'avanzava,
le due gettano i dadi intente al rischio;
"Il giuoco è fatto! Ho vinto, ho vinto io!"
ella disse, e mandò un triplice fischio.
Nessun crepuscolo intorno al sole.
Il sole spare, sgorgano le stelle;
a un tratto si fa buio;
con un remoto mormorio sul mare
quella nave spettrale trascorreva.
Al levar della luna,
Noi ascoltavamo e guardavamo fisso!
Al cuore come al fondo di una coppa
la paura attingeva tutto il sangue!
Le stelle cupe, densa era la notte,
il volto del nocchiero raggia esangue
presso la sua lanterna;
dalle vele stillava giù rugiada,
finché s'alzò sul ciglio dell'oriente
col corno della luna una splendente
stella vicino alla sua punta inferna.
uno dopo l'altro,
Sotto la luna e il suo corteggio astrale,
senza il tempo per un sospiro o un grido,
si volse ognuno in agonia spettrale
e mi malediceva con lo sguardo.
suoi compagni cadono giù morti.
Quattro volte cinquanta uomini vivi
(e non udii né un grido né un lamento)
caddero, massi inerti, con un tonfo
a uno a uno giù sul pavimento.
Ma Vita-in-Morte comincia la sua opera sul vecchio marinaio.
Le anime volaron via dai corpi,
volarono alla gioia ed allo strazio!
Ciascuna d'esse mi passava accanto
con un sibilo d'arco nello spazio!"
Parte quarta
Il convitato teme che sia uno Spirito che parli;
"Mi fai spavento, vecchio marinaio!
mi fa spavento la tua scarna mano!
e tu sei magro bruno e strano
come rena increspata in riva al mare.
ma il vecchio marinaio lo rassicura della sua vita fisica e seguita a raccontare la sua orribile espiazione.
Di te ho spavento, del tuo occhio acceso,
della tua mano magra, così scura."
"Non temere, sii calmo, o convitato!
questo corpo non cadde in quell'arsura.
Solo, solo, io solo in quel deserto,
solo nella distesa ampia del mare!
E non un santo mai mosso a pietà
del mio lento agonizzare.
Egli disprezza le creature della bonaccia,
Tanti uomini, tanti e tanto belli!
tutti morti giacevano;
e mille e mille esseri vischiosi
vivevano, e vivevo anch'io fra quelli.
e pensa con invidia che esse vivono mentre tanti sono morti.
Guardavo sopra il mare imputridito,
tosto gli occhi stornavo via sconvolti;
guardavo sopra il cassero marcito,
e là stavano i morti.
Guardai il cielo, tentavo di pregare,
ma prima che sgorgasse una preghiera
un orrido bisbiglio usciva, e il cuore
arido come polvere era fatto.
Le ciglia chiusi e tenni strette e chiuse;
le pupille battevan come polsi;
perché il cielo ed il mare, il mare e il cielo
stavano come un peso sui miei occhi;
mi giacevano ai piedi tanti morti.
Ma la maledizione vive per lui nell'occhio dei morti.
Fondeva il sudor freddo dalle membra,
non erano né sfatte né corrotte:
lo sguardo con cui m'ebbero adocchiato
stava immoto dì e notte.
Maledizione d'orfano può trarre
uno spirito giù dall'alto cielo;
ma oh! maledizione anche più orrenda
sta nell'occhio d'un morto!
La vidi sette giorni e sette notti,
non potevo pregare, stavo assorto.
Nella sua solitudine e immobilità egli si strugge per la luna che
viaggia nel cielo e le stelle che sempre stanno e pur sempre si
muovono e dovunque l'azzurro cielo appartiene loro ed è il luogo
destinato al loro riposo, patria loro e loro naturale dimora, nella quale entrano senz'essere annunciate come signori sicuramente aspettati, eppure nasce una gioia silenziosa al loro arrivo.
La luna errante salì su nel cielo,
e mai non indugiava;
lentamente saliva, lentamente
lei qualche rara stella seguitava.
Il suo raggio irrideva il mare afoso,
come primaverile brina sparsa;
dove stagnava l'ombra della nave
l'acqua per incantesimo bruciava
d'un acceso rossore immoto sparsa.
Al lume della luna osserva le creature della bonaccia.
Oltre l'ombra spiavo della nave
i serpenti marini;
muovevano con scie lustre di bianco,
e quando si drizzavano, quel lume
magico ricadeva in fiocchi candidi.
Nell'ombra della nave contemplavo
la veste variopinta; era turchina,
verde lucida, nera vellutata;
nuotando si torcevano; la scia
uno sprazzo di fuoco era, dorata.
Loro bellezza e felicità. Egli le benedice in cuor suo.
O felici creature! lingua umana
quella loro beltà non può lodare;
un impeto d'amore sorse in me,
inconsciamente io le benedissi:
certo, il mio santo ebbe pietà di me,
inconsciamente io le benedissi.
L'incantesimo comincia a rompersi.
Mi fu dato a quel punto di pregare;
e dal mio collo alfine liberato
l'Albatro cadde giù
e come piombo profondò nel mare.
Parte quinta
Oh il sonno! il sonno è una soave cosa,
da un capo all'altro amabile nel mondo!
Sia lodata la Vergine Maria!
Ella mandò dal cielo il dolce sonno
che scese nell'anima mia.
Per grazia della Madonna il vecchio marinaio è rinfrescato dalla
pioggia.
Quelle inutili secchie sulla tolda
che inerti erano state così a lungo,
sognai ch'erano colme di rugiada;
e, dopo, quando mi svegliai, pioveva.
Fresca la gola e umide le labbra,
i vestimenti avevo tutti intrisi;
certo, avevo bevuto nei miei sogni
e ancora tutto il corpo mio beveva.
Mi mossi, non sentivo più le membra,
ero tanto leggero, dubitavo
d'esser morto nel sonno
e mi credevo un'anima beata.
Ode suoni e vede strane visioni e moti in cielo e in mare.
E udii subito il vento sibilare;
e non s'avvicinava;
ma col sonito suo scosse le vele
così tenui e corrose dall'arsura.
L'aria profonda esplose di vivezza!
Cento vessilli in fiamme luminosi
guizzavano su e giù, di qua, di là,
e gli astri vi danzavano nel mezzo.
Il vento emise un sibilo più forte,
stormivano le vele come biada;
e la pioggia crosciava giù dal nembo
oscuro che la luna bianca orlava.
La densa e nera nuvola fu rotta
ed ancora la luna era al suo fianco:
come acque cadenti d'alta roccia
il fulmine sfrecciò giù senza un guizzo,
tale un fiume spazioso cade a picco.
Le salme dell'equipaggio si animano e la nave si muove;
Il forte vento mai investì la nave,
eppure era la nave in movimento!
Sotto il fulmine e sotto l'alta luna
gli uomini morti emisero un lamento.
Si riscossero tutti e si levarono,
senza parlare, senza batter ciglio:
sarebbe stato strano anche in un sogno
aver visto quei morti sollevarsi.
Il nocchiero alla barra dà di piglio;
la nave si muoveva, non un soffio;
i marinai si misero alle funi,
ciascuno al proprio posto;
muovevano le membra come ordigni
morti, eravamo una spettrale ciurma.
Il corpo d'un nipote mio, d'un figlio
di fratello, mi stava stinco a stinco;
il corpo ed io tirammo ad una corda
e non mi disse verbo."
ma non per opera delle anime degli uomini, non per opera di
demoni della terra e dell'aria, ma per una schiera beata di spiriti
angelici mandati dal cielo per intercessione del santo patrono.
"Mi fai spavento, vecchio marinaio!"
"Non temere, sii calmo, o convitato!
Non erano fuggite anime in pena
che afflitte ritornassero alle salme,
ma una schiera di spiriti beati:
poiché all'alba dimisero le braccia
e si fecero stretti intorno all'albero;
suoni soavi usciron dalle labbra
e volarono via dai loro corpi.
Aleggiava d'intorno a me ciascuna
voce, saliva al sole;
lentamente scendevano di nuovo
ora confuse, ed ora ad una ad una.
Qualche volta scendendo giù dal cielo
ho ascoltato l'allodola cantare;
tutti, a volte, gli uccelli che vi sono
parevano riempire l'aria e il mare
col loro dolce frastuono!
Ed ora erano tutti gli strumenti,
ed ora un flauto a solo;
ed ora era un'angelica canzone
che gli spazi faceva essere intenti.
Tacque, e ancora mandarono le vele
un ronzio lieve fino a mezzogiorno;
un ronzio come d'un nascosto rivo
nel frondoso mese di giugno,
che alle selve dormienti per l'intera
notte mandi una quieta melodia.
E veleggiammo fino a mezzogiorno,
mai un alito di vento sospirò:
lenta e calma la nave procedeva
sospinta dal profondo.
Il solitario Spirito dell'Antartide porta la nave fino all'Equatore
obbedendo alla schiera angelica, ma esige ancora vendetta.
A nove tese giù sotto la chiglia
dal paese di nebbia e dal nevoso
lo Spirito scorreva; era lui stesso
che muoveva il veliero silenzioso.
Morì il canto alle vele a mezzogiorno,
e di nuovo la nave si fermò.
Il sole alto sull'albero maestro
l'aveva ora confitta nell'oceano:
ma subito riprese ad agitarsi
con un breve e affannoso dondolio -
avanti e indietro, mezza la lunghezza,
con un breve e affannoso dondolio.
Come un cavallo ardente alfine sciolto
diede un subito balzo;
il sangue m'affluì tutto alla testa,
io venni meno e caddi giù di schianto.
I demoni compagni dello Spirito polare, gli invisibili abitatori
dell'elemento, prendono parte alla sua offesa; e due di essi
riferiscono che espiazione lunga e dura per il vecchio marinaio fu
accordata allo Spinto polare, che ritorna verso il sud.
Quanto a lungo mi giacqui in quello stato
non posso assicurare;
ma la vita non era anche tornata,
che udii nella mia anima distinte
due voci vaghe per l'aria.
"È lui," diceva l'una ''è questo l'uomo?
per colui che morì sopra la croce,
è lui che uccise l'Albatro innocente
con la mano feroce.
Lo Spirito che abita da solo
la terra della nebbia e della neve,
gli era caro l'uccello amico all'uomo
che lo trafisse con la sua balestra."
Quell'altra era una più dolce voce,
dolce come stillante miele, e disse:
"Costui già fece dura penitenza,
ma più dura l'attende."
Parte sesta
Prima voce
"Ma dimmi, dimmi ancora,
la tua dolce risposta reiterando -
che muove così lesta questa prora?
Il mare, dimmi, che fa?"
Seconda voce
"Come schiavo al cospetto del signore
sta immobile l'oceano e non respira;
il suo grande occhio luminoso mira
fìsso la luna silenziosamente -
per conoscer la strada da seguire;
perché, quieto o infuriato, essa lo guida.
Vedi, fratello, vedi con che grazia
dall'alto essa lo guarda quasi rida."
Il marinaio è caduto in letargo; perché il potere angelico fa
procedere la nave verso nord con una velocità che la vita umana non può sopportare.
Prima voce
"Ma perché sopra lui va così lesta
la nave senza vento né corrente? "
Seconda voce
"L'aria dinanzi a lei tutta si fende
e dietro si richiude in un istante.
Vola, fratello, vola, alto, più alto!
o giungeremo tardi e troppo stanchi:
perché la nave andrà sempre più lenta
allor che il marinaio si rinfranchi."
Il moto soprannaturale rallenta; il marinaio si sveglia e la sua
espiazione ricomincia.
Io mi svegliai, stavamo veleggiando
come a un vento propizio:
era notte, una notte calma, stando
la luna in alto; i morti erano insieme.
Stavano ritti, accolti sopra il ponte,
pronti per un ossario:
fissavano su me gli occhi di pietra
che nella luna avevano un divario.
Quella maledizione e quel terrore
ch'ebbero nella morte, sussisteva:
non potevo distogliere il mio cuore
né alzare gli occhi per una preghiera.
La maledizione è finalmente espiata.
E ora l'incantesimo fu rotto:
anche una volta vidi il mare verde,
e guardai lontanissimo; ma poco
di quanto avevo visto ora m'apparve
com'uno per una deserta via
cammina inquieto d'orridi spaventi,
e una volta guardatosi alle spalle,
prosegue ma non volge più la testa
perché sa che un terribile nemico
l'incalza da vicino e non s'arresta.
Ma un vento repentino m'investì,
e non aveva suono o movimento:
la strada sua non era sopra il mare,
nelle pieghe o nel vivido fermento.
Mi sollevò i capelli, con respiro
di praterie primaverili punse
le mie guance, s'unì coi miei terrori,
pure, io lo sentii, propizio giunse.
Rapidamente volava la nave,
e pure navigava liscia e calma:
lieve spirava il vento, lieve, lieve -
su me solo spirava.
E il vecchio marinaio rivede il suo paese.
Sogno di gioia! È veramente il faro?
È la punta del faro ch'io rivedo?
e quella è la collina, ed è la chiesa?
e questa è la mia patria?
Alla bocca del porto la deriva
ci spingeva, pregavo tra i singhiozzi:
"Fa', mio Signore, ch'io sia sveglio o viva
senza più risvegliarmi."
Era limpido il golfo come vetro,
tale la sua tranquillità diffusa!
La luce della luna ivi con l'ombra
riposava confusa.
La roccia scintillava, era abbagliante
al pari della chiesa che sovrasta:
il chiarore immergeva nel silenzio
la banderuola ferma in cima all'asta.
Gli spiriti angelici abbandonano i morti corpi,
La baia bianca e viva al lume quieto
era quando ne emersero
molte forme, e non erano che ombre,
e in colori di cremisi a me vennero.
e appaiono nelle loro forme di luce.
A piccola distanza dalla prora
quelle parvenze cremisi si tennero:
allora volsi gli occhi sopra il ponte -
oh Cristo, che spettacolo!
Ogni corpo giaceva inerte e piatto,
e, in nome della Croce,
un uomo tutto luce, un serafino,
presso ciascuno stava senza voce.
Di quella schiera ognuno salutava
con le mani, visione celestiale!
come segnali fatti a una città,
ciascuno un puro lume.
Di quella schiera ognuno salutava
con le mani, non voce, né clamore -
nessuna voce, ma il silenzio scese
come musica al cuore.
Ma ecco, a un tratto udii un tonfo di remi
e il grido del pilota;
e mi fu forza volgere la testa:
una barca era apparsa, non remota.
Il pilota ed il mozzo del pilota,
udii la loro celere venuta:
o Signore del cielo! era una gioia
che i morti non avrebbero sperduta.
E vidi un terzo, ne sentii la voce:
era il buon eremita!
Cantava grave i suoi inni devoti
che compone nel bosco più profondo.
L'anima mia assolverà, del sangue
dell'Albatro egli mi renderà mondo.
Parte settima
L'eremita del bosco
Il pio eremita vive in mezzo al bosco
che scende verso il mare:
come grave egli modula la voce!
Coi marinai gli piace di parlare
che vengono da lontane contrade.
Al mattino, al meriggio ed alla sera
piega i ginocchi; ha un soffice guanciale:
il muschio che ricopre
il ceppo d'una quercia secolare.
La barca s'appressò, li udii parlare:
"È strano veramente!
Dove sono le luci così chiare
che or non è molto fecero un segnale?"
s'avvicina con stupore alla nave.
"Strano davvero!" disse l'eremita -
"e non hanno risposto al nostro grido!
Vedo le assi contorte! e quelle vele,
guardale, così fragili e corrose!
Cosa non vidi mai che le assomigli
se non forse nel bosco
quei macerati scheletri di foglie
che indugiano alle prode del ruscello
allor che greve è l'edera di neve,
ed urla il gufo al lupo sottostante
mentre divora il piccolo alla lupa."
"Ha un aspetto d'inferno, mio signore!" -
(il pilota rispose)
"ne ho spavento!" "Accosta, accosta" disse
l'eremita contento.
Ecco, la barca s'accostò al vascello,
io non dissi parola né mi mossi;
la barca si portò sotto il vascello
e d'improvviso un suono mi percosse.
Il vascello improvvisamente affonda.
Rombava sotto l'acqua
sempre più grave, sempre più tremendo:
poi raggiunse la nave, ruppe il golfo,
ed il vascello andò giù come piombo.
Il vecchio marinaio è tratto in salvo nella barca del pilota.
Stordito da quel suono grave e orrendo
che squassò cielo e mare,
com'uno che sia stato sette giorni
affogato, il mio corpo galleggiava;
ma poi con la rapidità di un sogno
mi trovai nella barca del pilota.
Sul gorgo ove la nave era affondata,
la barca roteava;
tutto era quieto fuor che la collina
che il suono ripeteva e rimandava.
Mossi il labbro, il pilota mandò un urlo
e cadde giù di schianto;
l'eremita levò le sante ciglia
e pregava raccolto là in un canto.
Io presi i remi: il mozzo del pilota,
che ora uscì di senno,
ruppe in risate lunghe e forti mentre
i suoi occhi ruotavano qua e là.
"Ah! ah!" diceva, "vedo chiaramente,
il demonio sa l'arte di remare."
E finalmente proprio al mio paese
stavo, su terra ferma!
L'eremita discese dalla barca,
e la sua andatura era malferma.
Il vecchio marinaio ardentemente supplica l'eremita perché lo
confessi; e lo raggiunge la penitenza della vita.
"Confessami, confessami, sant'uomo!"
Egli si fece il segno della Croce.
"Di' presto," fece, "dimmi,
te lo ingiungo - chi sei, che specie d'uomo?"
E tale animo mio fu presto stretto
da un'atroce agonia
che mi costrinse a dire la mia storia;
e poi mi lasciò quieto in mia balia.
Di quando in quando per il resto della vita un'agonia lo costringe a errare di terra in terra
Sempre d'allora in poi, di quando in quando,
quell'agonia ritorna;
finché l'orrida storia non sia detta,
il cuore brucia, il fuoco vi soggiorna.
Di terra in terra migro come l'ombra;
strano potere è nelle mie parole;
subito, appena ch'io ne veda il volto,
so l'uomo che mi deve dare ascolto:
a lui fo il mio racconto.
Quale fragore esce da quella porta!
I convitati sono là, raccolti:
ma all'ombra della pergola, nell'orto,
odi, la sposa e le fanciulle cantano.
È il vespro, odi la piccola campana
che mi chiama a pregare!
O convitato! questa anima mia
in un mare deserto è stata sola;
tanto fu derelitta che Dio stesso
a mala pena parve che vi fosse.
Oh assai più dolce che festa nuziale,
assai più dolce per me,
andare insieme alla chiesa
in santa compagnia!
Andare insieme alla chiesa
e tutti insieme pregare,
mentre ciascuno al suo Padre s'inchina:
vecchi, bambini, amici affettuosi
e giovanette e giovani festosi.
e a insegnare col suo esempio amore e rispetto a tutte le cose che Dio ha fatto e ama.
Addio, addio! Ma questo tieni a mente,
tu, invitato alla festa!
Prega bene benevolo chi ama
sia l'uomo, sia l'uccello e l'altre bestie.
Meglio prega chi meglio ama le cose
siano grandi o modeste;
perché quel Dio d'amore che ci assiste
fece ogni cosa e l'ama."
Il marinaio dall'occhio luminoso
di cui la barba è candida per gli anni
è sparito: ora l'ospite si volge
lontano dalla casa dello sposo.
Se n'andò come un uomo sbigottito,
fuor dei sensi caduto:
e l'indomani si levò diverso,
più triste ma più saggio divenuto.
Traduzione di Mario Luzi
Un testo così sarebbe mai accettato su questo sito? Io credo di no.
Eppure...secondo me un testo come questo è degno più di qualsiasi altro testo mai pubblicato su questo sito (mio o da chiunque altro) di starci.
La traduzione non rende quanto l'originale ovviamente, ma almeno arriva il testo anche a chi dovesse essere a corto di inglese.