Autore Topic: Una produzione di Amara e mia  (Letto 4107 volte)

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crepax73

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Re: Una produzione di Amara e mia
« Risposta #15 il: Martedì 21 Dicembre 2010, 18:51:49 »
Visto la bravura dei due autori mi costringete (in senso buono) a lasciare un piccolo segno del mio passaggio.
Innanzi tutto trovo la prima strofa bellissima.
Mi ricorda un passaggio di Fatima di Falcones, in cui il Nazareno (nome del protagonista) in un epopea degna di Ulisse ricerca la sua Fatima per una vita intera senza mai raggiungerla fisicamente.
La seconda strofa la trovo un pochino ermetica ma la rileggerò meglio perché merita di essere approfondita.
L'ultima strofa è propriamente nelle mie corde quindi bella  ;D
Per quel che riguarda la parola ossa non credo sia un problema di l'ossa o le ossa credo che sia la parola "stritolare" a non essere musicale. Forse straziare, demolire, oppure fate voi.
Infine devo dire che è veramente complicato capire chi ha scritto cosa che poi non è importante, forse la terza e la quarta le ha scritte amara ma ripeto non importa perché il risultato è ottimo complimenti.

aureliastroz

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Re: Una produzione di Amara e mia
« Risposta #16 il: Martedì 21 Dicembre 2010, 22:19:44 »
Apprezzabile l'ultima strofa, un pò meno la seconda, forse perchè alcune parole, tipo " bruma" o " refolo" sono troppo inflazionate in poesia, osceno il termine" rinsecchiti".
Poesia troppo ricamata e  ben stirata. Sembra un abito da cerimonia
preferisco le liriche sgualcite, scritte di passaggio, pensate tra un piatto da lavare e i panni da stendere.

Anche in questo caso devo dare ragione a chi commenta, in effetti ci sono dei passi un “pò”  stirati.
Scrivere a 4 mani non è mai come scrivere da soli, quando arriva l’ispirazione e la si afferra al volo. Il 4 mani presuppone che ci si cali nell’ambientazione che non è mai propriamente di un solo attore, ci sono le emozioni dell’altro nelle quali cerchi di immedesimarti, non si può scrivere ognuno per conto proprio e poi assemblare, perché il risultato sarebbe molto probabilmente un ibrido senza anima. Qui abbiamo cercato di fare proprio questo: compenetrare l'uno le emozioni dell'altra. E’ probabile che né io né Amara avremmo scritto questo testo se l’avessimo concepiti da soli.
Per quanto riguarda la terminologia, mentre potrei darti ragione per termini come bruma o refoli che risultano essere molto abusati (anche se molto dipende dal contesto poiché altrimenti nelle poesie il termine amore non potrebbe mai entrare ed invece abbiamo degli esempi di alto liricismo dove cuore e amore fanno rima, ma non hanno alcunché di  osceno),  devo dissentire dalla considerazione sul termine “rinsecchiti” poiché, e qui mi rifaccio alla iniziale nota a piè del testo, il termine fa parte della metafora che immaginavo sarebbe stata quella meno compresa e, ti assicuro, ”rinsecchiti” stavolta ci entra a pieno titolo.
Devo comunque darmi atto (da solo) che ho un modo diverso di intendere la poesia; per me la "creazione" di “una figlia” e ben più che un pensiero di passaggio tra un carico di lavatrice ed una corsa al supermercato. Forse l’idea può venire in qualunque momento, ma la stesura del testo è un atto d’amore che pretende silenzio, concentrazione, solitudine (con se stessi) e soprattutto non amo testi sgualciti poiché per me la poesia è ricerca del bello della eleganza, dell’originalità, se vuoi anche delle banalità, ma dette in maniera che non risultino tali  e non un raffazzonare le prime idee che passano per la testa. La poesia non è un “tutto è permesso tanto c’è la licenza poetica”, in poesia si ha la necessità di esprimere in pochi versi ciò che in prosa si può esprimere in decine di pagine. Ma per fare ciò ci vuole studio e dedizione.
Però mi rendo conto che altri possono pensarla diversamente, quindi accetto il tuo punto di vista, lo rispetto e ti ringrazio per aver speso qualche minuto nella lettura di questo testo.

aureliastroz

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Re: Una produzione di Amara e mia
« Risposta #17 il: Martedì 21 Dicembre 2010, 22:30:51 »
Vorrei aggiungere il mio parere, dal momento che ho avuto modo di incrociare qualche volta gli autori per scambiare punti di vista poetici con loro.

Del testo in sé tengo a dire che non è esattamente nelle mie corde, per gli echi classicheggianti che contiene e per la scelta di alcuni vocaboli che ritengo un po' altisonanti.

Nonostante ciò è ammirevole la fusione. Nella poesia a quattromani, in fondo, viene prima dello stile e del significato. Il quattromani e un plasmare il proprio linguaggio verso il linguaggio dell'altro e nel contempo mettere a prova la propria duttilità poetica. E per questo mi complimento: ci siete assolutamente riusciti!

Nell'insieme, i versi che restano i miei preferiti, sono i seguenti:

mi restano gli spacchi sulle labbra
che non dovrei leccare,
soffrono il vento e chiedono altre cure


Un abbraccio agli autori :)


Grazie Dora, i tuoi complimenti sono graditi soprattutto perché  provengono da una autrice del tuo calibro (invito i lettori a leggere i suoi testi).
Ho appena scritto esattamente quello che dici tu in merito al quattro mani in risposta ad un commento per cui non aggiungerei altro.
Semmai dovessimo fare un quattro mani assieme starò ben attento alla scelta dei termini (non altisonanti). ;D


Visto la bravura dei due autori mi costringete (in senso buono) a lasciare un piccolo segno del mio passaggio.
Innanzi tutto trovo la prima strofa bellissima.
Mi ricorda un passaggio di Fatima di Falcones, in cui il Nazareno (nome del protagonista) in un epopea degna di Ulisse ricerca la sua Fatima per una vita intera senza mai raggiungerla fisicamente.
La seconda strofa la trovo un pochino ermetica ma la rileggerò meglio perché merita di essere approfondita.
L'ultima strofa è propriamente nelle mie corde quindi bella  ;D
Per quel che riguarda la parola ossa non credo sia un problema di l'ossa o le ossa credo che sia la parola "stritolare" a non essere musicale. Forse straziare, demolire, oppure fate voi.
Infine devo dire che è veramente complicato capire chi ha scritto cosa che poi non è importante, forse la terza e la quarta le ha scritte amara ma ripeto non importa perché il risultato è ottimo complimenti.

Crepax, la scelta dei termini è, alla fine, una questione molto soggettiva. Come hai potuto vedere nei commenti, qualcosa che all’uno piace, non convince del tutto l’altro lettore e viceversa.
Qui abbiamo fatto delle scelte che in alcuni casi probabilmente, anzi sicuramente, avrebbero potuto essere diverse, ma l’avere i vostri commenti e tenerli nella giusta considerazione serve proprio a portare gli autori a riflettere sull’utilizzo degli strumenti a disposizione nella creazione di un testo 
« Ultima modifica: Martedì 21 Dicembre 2010, 22:35:20 da Il Conte »

Offline Amara

Re: Una produzione di Amara e mia
« Risposta #18 il: Giovedì 23 Dicembre 2010, 16:21:34 »
..non posso che sottocrivere gli ultimi interventi del Conte...
il mio è sicuramente un modo più istintivo del suo.. mancandomi determinate conoscenze...
ma penso anch'io che la poesia sia ricerca e bisogno del bello...
ringrazio Dora che anch'io apprezzo come autrice e Crepax che dmostra sempre una grande capacità di.. sentire....
un sorriso a tutti....
Il dubbio è uno dei nomi dell'intelligenza
(J. L. Borges)

Offline paolo corinto tiberio

Re: Una produzione di Amara e mia
« Risposta #19 il: Mercoledì 29 Dicembre 2010, 16:01:05 »
Nel mio primo intervento ho fatto riferimento all'utilizzo della punteggiatura.
Scrivere "sto mangiando, Laura" e "sto mangiando Laura" non è la stessa cosa.
Nel primo caso soddisfo semplicemente un bisogno naturale, mentre nel secondo commetto un crimine abominevole  :)
Nella poesia si può scrivere tutto ed il suo contrario, appellandosi alla famosa licenza; ecco perché a me non piace la poesia.
I chiodi, ad esempio, possono tranquillamente essere di legno, d'osso o, sotto forma di metafora, essere entità astratte.
Detto questo, chiudo definitivamente il "dibattito", poiché ci porterebbe verso impervi sentieri  :)
Ciò che conta è che avete scritto davvero un bel testo, al di là degli irrilevanti appunti di un amante della prosa  ;)
Have a nice day!

il tuo esempio da modo di inoltrarci, almeno per breve tratto, negli "impervi sentieri" del testo poetico... vero, dire "sto mangiando, Laura" e "sto mangiando Laura" non è la stessa cosa, nel primo caso s'afferma un'abitudine quotidiana, ridondante e veicolante poca informazione, di basso profilo, nell'altra si asserisce invece un insolito ed inusuale cannibalismo che, al contrario, porta molta informazione, di modo che ognuno si mette in aspettativa per saperne di più, per acquisire un surplus di notizie: Laura potrebbe essere un maiale o una pecora, "io" potrebbe essere un selvaggio impenitente oppure il superstite di un naufragio che si ciba dell'amante deceduta, ecc., inoltre si potrebbe pensare ad una allegoria o ipotizzare un corpo aereo e mistico di Laura che qualcuno assume spiritualmente... insomma, questo mio bla bla per dire che il poetico di un testo vive espressamente nel luogo dove abita maggior disordine: se la misura del disordine è bassa siamo di fronte ad un testo piano di prosa dove si annuncia a Laura che il soggetto "sta mangiando", se è alta nuovi sensi si aprono, e il testo poetico è lì, in queste nuove aperture di senso... ecco perché spesso si desidera eliminare la punteggiatura o regole grammaticali (che si devono conoscere bene, però...)    :)
salvatico è quel che si salva

Offline India

Re: Una produzione di Amara e mia
« Risposta #20 il: Sabato 1 Gennaio 2011, 13:57:05 »
auguri a tutti.
La poesia postata da Amara e condivisa dal Conte è bellissima, ma condvido parzialmente il vostro pensiero, infatti nella poesia ci sono solo alcune delle riflessioni poste nel testo di prosa del Terzani
" L'India accorcia la vita"  questo concetto non c'è
Perchè l'India accorcia la vita? guarda quante riflessioni posso fare e che in quella poesia mi sono persa:
 
in fin dei conti si vive meno stressati, non corro il rischio della sovralimentazione, avrò quindi meno probabilità di ammalarmi di diabete, di gotta ( malattie dei ricchi) , il colesterolo con una dieta abbastanza vegetariana lo tengo sotto controllo. Non parliamo che la mancanza di stress mi da meno possibilità di beccarmi infari o ictus, le sigarette indiane ( i così detti bidi ) sono meno pericolose.
Di contro  mi viene in mente che ho più probabilità di beccare malattie infettive per la scarsa igiene, mi viene in mente che il livello della sanità indiana è inferiore alla nostra.
Comincio a pensare alla loro medicina iurveda e penso anche che la medicina in primis non deve nuocere e invece in occidente  per curarmi il cancro mi stressano con la chemioterapia, spesso senza risultati.
e poi penso anche " ma chi se ne frega se campo meno, in realtà campo meglio". Non corro, corro per ottantanni senza avere vissuto interiormente un minimo di spiritualità, la mia vita è più breve ma intrisa di valori che qui in occidente neanche riusciamo a immaginare.
Poi penso che in Italia ti tengono in vita anche quando dovresti essere morto, ( vedi tutti coloro che vivono in stato vegetariano)  perchè la morte non viene accettata, ma si insegue l'eterna giovinezza.

insomma dietro ogni singola frase c'è un mondo di pensieri, esattamente come in poesia, ma dal momento che di frasi ( o versi) in poesia ne ho molti meno, sono minori le rilessioni che posso fare.

Ancora auguri


Offline Marina Como

Re: Una produzione di Amara e mia
« Risposta #21 il: Lunedì 3 Gennaio 2011, 18:29:49 »
“e legno e ferro che m’inchioda” il soggetto è necessariamente quanto palesemente il ferro."

L'immagine che mi è subito istintivamente venuta in mente è stata quella del Cristo sulla croce. Il legno (la croce) , il ferro (i chiodi) e lui/lei inchiodati alla croce.....  Il ferro è sicuramente il soggetto, è la parte dominante e questa idea è rafforzata dall'immagine delle sbarre della prigione.
Anche a me è sembrato palese il rimando alla croce del Cristo: il legno dove il ferro mi inchioda. Se ci fosse stata la virgola, "legno, ferro che m'inchioda" come suggerito, non mi sarebbe piaciuta così tanto la frase poiché se pur è vero che sono i chiodi di ferro che compiono l'atto di inchiodare, è la croce stessa di legno che portiamo, alla quale siamo inchiodati: non è un ferro qualsiasi a forma di chiodo che ci trattiene, è la croce del vivere, o forse sono le parole (verbo) che risuonano e ci inchiodano alla nostra scelta (magari di farci prete, di lasciare che le labbra soffrano come gli occhi di una madre senza più lacrime, prosciugate e sterili come noi senza un futuro, come quei baci che non ci verranno dati, come il dolore che non sarà lenito da alcuno ma che ci offre sempre un giorno nuovo). Non male questa interpretazione fra parentesi, che mi offre più appigli di rimando nel testo: una conversione.
Ma quegli occhi rinsecchiti di madre, quellla madre orientale perduta, quella madre che soffriva la siccità, ed io in una prigione dorata ricca delle tue parole che mi porto sempre nelle nuove albe.
Senz'altro un testo interessante, dove ritrovo la durezza di immagini, la cura per il ritmo propria del Conte e di entrambi la musicalità, istintiva in Amara. Dove scorgo lo sforzo d'arrotondamento degli "spigoli d'anima" del Conte compiuto da Amara ed il grande lavoro di cesello e scavi del Conte per rimmettere la giusta via sul percorso, quei paletti che fanno la direfferenza verso la meta:.Paletti messi da entrambi,  ;D se conosco lo spirito avventuriero del fin dove possono spingersi queste due mentacce, mi figuro insieme, altro che semafori: ho proprio l'impressione che tutti e due hanno ben vigilato!  :D
« Ultima modifica: Lunedì 3 Gennaio 2011, 18:31:28 da Marina Como »
Se voglio fare la stronza ci riesco bene.  Talmente bene che quasi quasi ci sono. O forse ci sono.  Si, deciso.

aureliastroz

  • Visitatore
Re: Una produzione di Amara e mia
« Risposta #22 il: Martedì 4 Gennaio 2011, 01:01:02 »
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Senz'altro un testo interessante, dove ritrovo la durezza di immagini, la cura per il ritmo propria del Conte e di entrambi la musicalità, istintiva in Amara. Dove scorgo lo sforzo d'arrotondamento degli "spigoli d'anima" del Conte compiuto da Amara ed il grande lavoro di cesello e scavi del Conte per rimmettere la giusta via sul percorso, quei paletti che fanno la direfferenza verso la meta:.Paletti messi da entrambi,  ;D se conosco lo spirito avventuriero del fin dove possono spingersi queste due mentacce, mi figuro insieme, altro che semafori: ho proprio l'impressione che tutti e due hanno ben vigilato!  :D


Grazie Marina,
devo dire che hai fatto una analisi che mi è piaciuta davvero. Davvero interessante la tua interpretazione. Ogni volta che ti leggo riscopro la tua capacità di immedesimazione e quel tuo saper guardare ogni testo da una angolazione inusuale, sicuramente appagante per l’autore.
Nello scrivere questo testo, il nostro intento era quello di verificare quanto saremmo riusciti ad amalgamarci e rendere i versi così simili (stilisticamente parlando) da rendere difficile la distinzione di chi avesse scritto cosa. Avremmo potuto decidere di scrivere ognuno con il proprio stile ( e magari sarà frutto di una futura collaborazione)  per avere un altro tipo di risultato. Per quanto riguarda lo sforzo per l’amalgama hai ragione, non è stato semplice, ma direi che alla fine possiamo ritenerci abbastanza soddisfatti. Grazie a nome mio e di amara per il “mentacce” simpatico e ruffianamente godibile.