Autore Topic: La consapevolezza dell'artista  (Letto 1473 volte)

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Offline Massimiliano Manocchia

La consapevolezza dell'artista
« il: Lunedì 25 Ottobre 2010, 09:27:48 »
Spesso, quando parlo o quando ascolto le persone parlare, mi chiedo quanto siamo consapevoli del nostro linguaggio e della sua funzione nella realtà. In quanto esseri umani che utilizzano un sistema di comunicazione codificato foneticamente e simbolicamente, siamo soggetti a filtri e vincoli che rendono parziale il nostro percepire la realtà, e quindi la realtà stessa; ciò che rappresentiamo col linguaggio non è altro che la miglior approssimazione possibile del risultato del nostro esperire. I filtri e i vincoli svolgono tuttavia un funzione fondamentale, che è quella di preservare il sistema mente-corpo da una mole di input sensoriali - che rielaboriamo poi sotto forma di informazioni - talmente vasta che senza di essi saremmo sopraffatti fino alla paralisi.
Il linguaggio è il solo sistema che l’essere umano possiede per rappresentare, a se stesso e agli altri, il “mondo” o, più precisamente, il proprio “modello del mondo”, e diventa quindi esperienza riguardo all’esperienza, vale a dire descrizione, valutazione ed espressione di ciò che sperimentiamo. Poiché non abbiamo consapevolezza di come, nell’atto del parlare, le parole sorgano alle nostre labbra, possiamo affermare che il linguaggio e il processo di apprendimento del linguaggio sono per buona parte un’abilità inconscia.
Ciò non è più vero (o è vero solo in parte) quando scriviamo.
Qui la nostra consapevolezza si “accende”. È come se per magia il sistema che utilizziamo per codificare la realtà si espandesse. Nell’intimo raccoglimento, il tempo sembra arrestarsi e noi diveniamo consci di una realtà più estesa di quella che viviamo parlando. Abbandoniamo la piccola realtà condivisa con gli altri esseri umani ed entriamo nell’immensa realtà interiore. Si arresta il bombardamento sensoriale proveniente dall’esterno e ci troviamo in una terra sterminata di silenzio (di quiete o tormento che sia) che acuisce ancor più i nostri sensi. Se scriviamo di una fragola, siamo in grado di percepirne il sapore, il profumo, vederne il rosso acceso tempestato di verde, sentirne la consistenza. In questo silenzio, riproduciamo la nostra esperienza esteriore e la ri-rappresentiamo a noi stessi sotto forma di parole scritte. Allora scandagliamo la nostra mente alla ricerca del simbolo (parola) più adatto ad esprimere il nostro (ri)sentire. L’artista è colui che ridona al mondo la sua stessa esperienza con parole che gliela fanno percepire in modo diverso. Il vero artista cambia l’esperienza del lettore.
Credo di aver già detto altrove che Wilde disse: “Il poeta che chiama vanga una vanga, dovrebbe essere costretto ad usarla”.
Mi si contesterà che Realismo, Neo-Realismo e mettiamoci pure il Post-Realismo, hanno prodotto fior di artisti che ora siedono nell’Olimpo. È vero, ma se siedono nell’Olimpo è più per un atto dovuto che per reale merito. Siedono là per la loro grandezza “umana”, non per la loro grandezza “artistica”. Costoro non hanno cambiato la loro epoca: ne hanno fatto la cronaca. Non conosco un solo uomo cambiato dalle centinaia di poesie di Pasolini, ma ne conosco centinaia cambiati da una sola poesia di Baudelaire.
L’arte non può, non deve essere innocua; essa è, per definizione, finzione, artificio. E come potrebbe essere altrimenti se è vero, come è vero, che il linguaggio (riporto l’affermazione fatta più sopra) è la miglior approssimazione possibile del risultato del nostro esperire? L’uso della parola, in qualunque contesto, è di per sé null’altro che una “rappresentazione”, un modo artificioso di descrivere le informazioni sensoriali. È importante sottolineare qui che noi esseri umani non abbiamo altro mezzo per esperire la realtà se non i nostri cinque sensi. Sono queste le “porte della percezione” di cui parlava Aldous Huxley. Ma, come il linguaggio stesso, abbiamo commesso il tragico errore di darli per scontati e quindi trascurarli. Il poeta non è più sensibile perché ha un cuore diverso dagli altri uomini o un misterioso sesto senso che solo a pochi viene donato, né perché sente cose che altri non sentono; è più sensibile semplicemente perché utilizza tutti i sensi e ne amplifica il grado di utilizzo: li affila come lame e li rende ricettivi al massimo grado e rielabora l’informazione, attraverso il linguaggio, in modo nuovo, inedito, originale.

Offline DarioC 85

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Re: La consapevolezza dell'artista
« Risposta #1 il: Lunedì 25 Ottobre 2010, 10:39:00 »
Mi scusi l'autore del topic se ho frainteso,ma credo che questo spunto di riflessione possa essere collegato al precedente "Qualcosa su cui riflettere...2",dove si riporta un brano di Ellmann della prefazione a Joyce.
Ma venendo a quanto qui argomentato,si dice:
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Il linguaggio è il solo sistema che l’essere umano possiede per rappresentare, a se stesso e agli altri, il “mondo” o, più precisamente, il proprio “modello del mondo”, e diventa quindi esperienza riguardo all’esperienza, vale a dire descrizione, valutazione ed espressione di ciò che sperimentiamo. Poiché non abbiamo consapevolezza di come, nell’atto del parlare, le parole sorgano alle nostre labbra, possiamo affermare che il linguaggio e il processo di apprendimento del linguaggio sono per buona parte un’abilità inconscia.
Ciò non è più vero (o è vero solo in parte) quando scriviamo.
Qui la nostra consapevolezza si “accende”. È come se per magia il sistema che utilizziamo per codificare la realtà si espandesse. Nell’intimo raccoglimento, il tempo sembra arrestarsi e noi diveniamo consci di una realtà più estesa di quella che viviamo parlando. Abbandoniamo la piccola realtà condivisa con gli altri esseri umani ed entriamo nell’immensa realtà interiore. Si arresta il bombardamento sensoriale proveniente dall’esterno e ci troviamo in una terra sterminata di silenzio (di quiete o tormento che sia) che acuisce ancor più i nostri sensi. Se scriviamo di una fragola, siamo in grado di percepirne il sapore, il profumo, vederne il rosso acceso tempestato di verde, sentirne la consistenza.
Personalmente non mi trovo molto d'accordo:la scrittura manca di una parte fondamentale del linguaggio,forse la più importante,che è il linguaggio del corpo.
L'abilità dello scrittore realista sta nel superare tale limite,cercando il più possibile l'oggettività,la precisione terminologica,il rifeerimento ad un quotidiano facilmente riscontrabile.Ma così facendo
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Mi si contesterà che Realismo, Neo-Realismo e mettiamoci pure il Post-Realismo, hanno prodotto fior di artisti che ora siedono nell’Olimpo. È vero, ma se siedono nell’Olimpo è più per un atto dovuto che per reale merito. Siedono là per la loro grandezza “umana”, non per la loro grandezza “artistica”. Costoro non hanno cambiato la loro epoca: ne hanno fatto la cronaca. Non conosco un solo uomo cambiato dalle centinaia di poesie di Pasolini, ma ne conosco centinaia cambiati da una sola poesia di Baudelaire.

Offline DarioC 85

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Re: La consapevolezza dell'artista
« Risposta #2 il: Lunedì 25 Ottobre 2010, 10:51:00 »
Io credo che la capacità di "cambiare" il lettore derivi dalla possibilità di interpretazione,e questa deriva dal fatto che nella forma scritta l'uso di convenzioni (o rappresentazioni),senza il supporta del linguaggio del corpo,ne' tantomeno quello del tono di voce o della velocità di lettura,consente a dieci lettori di dare dieci sfumature differenti all'opera:questa diventa fonte di contrasto e confronto,e in tal senso porta al "cambiamento".
Altra piccola osservazione,un po' divagante,ma che credo possa sviluppare il tema dell'uso consapevole della parola:recentemente mi sono trovato a discutere relativamente all'uso poco accorto di certi termini con alcuni amici,e mi sono accorto di un fenomeno che sta prendendo sempre più piede.L'italiano è una lingua ricchissima di vocaboli,molti dei quali sinonimi tra loro:ebbene,forse per la necessità sempre più avvertita dell'uso dell'inglese,i sinonimi stanno scomparendo.
In proposito i miei amici sostenevano che usare una parola od un suo sinonimo sia totalmente indifferente,ma se così fosse-mi chiedo io-che motivo ci sarebbe stato di inventare due parole con il medesimo significato?L'inglese,da questo punto di vista è molto più immediato e meno ricco,e credo possa essere un elemento importante nella "semplificazione" del vocabolario italiano.
E d'altra parte questo credo possa incidere anche sulla percezione del lettore nel "vivere" un'opera,poiché non sarà in grado di cogliere molte sfumature di una descrizione.

Offline Amara

Re: La consapevolezza dell'artista
« Risposta #3 il: Martedì 26 Ottobre 2010, 12:44:45 »
..penso che l'intento.. quando si scrive.. sia quello di riuscire a rappresentare ogni sfumatura della sensazione che si esprime con le parole.. e perciò anche la rappresentazione del lnguaggio corporeo.. che non sarà diretto ma indotto.. spinto a essere immaginato...
poche o tante che siano le parole.. quando d'arte si tratta.. sapranno portarci ad un pensiero completo..

sulla consapevolezza.. non so.. quantomeno si è consapevoli dell'intenzione... ma forse non sempre del risultato...

certo è che se io sentirò quel profumo o vedrò quel colore.. o ancor più se torneranno alla mente più vividi di quanto li ricordassi.. e ne scoprissi una sfumatura che non avevo mai percepito.. modificando al mio pensiero il modo di .. vivere.. una fragola.. avrò letto qualcosa che mi ha cambiato.. e questa.. si.. è arte...
Il dubbio è uno dei nomi dell'intelligenza
(J. L. Borges)

Offline Jack Pastore

Re: La consapevolezza dell'artista
« Risposta #4 il: Mercoledì 27 Ottobre 2010, 02:11:08 »
Vorrei prima di tutto ringraziare Massimiliano. Leggere ciò che ha scritto è stato un piacere piuttosto raro, come quando ascolti parole che vorresti dire tu.
E' vero che scrivere è qualcosa di molto intimo,e in quanto tale andrebbe fatto col massimo dell'onestà...
Sinceramente non so cosa sia arte e cosa sia poesia,lo intuisco e me ne faccio un'idea nuova ogni giorno,certo è che fanno parte di quelle cose,almeno per me,di cui riesci a farti un'idea solo finchè non te le trovi davanti. O dentro. Diciamo che finchè non ci penso,posso dire di avere scritta da qualche parte nel mio cervello la definizione di certe parole,ma non appena il mio pensiero vi si sofferma un po' di più mi perdo.
Ho letto diverse cose sul forum,discussioni a volte interessanti su cosa fosse arte o poesia.
Personalmente vedo l'arte come quella cosa che mi rilassa e la poesia come quella che mi inquieta,ma questo è solo il mio pensiero,e non mette affatto in antitesi le due cose.
Credo dipenda dalla forza delle parole scritte; ti lasciano più tempo per sentire quella incolmabile distanza tra te e l'autore,o artista che sia...
Diciamo che di fronte a un quadro bellissimo o ad una musica meravigliosa ho meno tempo per pensare e l'abbandono è più immediato,mentre di fronte a una poesia non ho niente.
Stimola altri tipi di sensi,che forse non saranno solo cinque ma cinquecento,e spesso mi chiedo cosa leggo veramente quando leggo una parola,o un verso.
D'altronde l'ho già detto,mi inquieta!
Però mi piace.
Per quanto riguarda la consapevolezza è vero... Ne abbiamo (in generale) poca quando parliamo,un po' di più quando scriviamo,e (forse) ancora di più quando pensiamo.
Forse se fossimo tutti muti si starebbe tutti meglio...
Ora mi piacerebbe dire altre cose ma è tardi...



Offline Saldan

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Re: La consapevolezza dell'artista
« Risposta #5 il: Mercoledì 27 Ottobre 2010, 08:58:22 »
poche o tante che siano le parole.. quando d'arte si tratta.. sapranno portarci ad un pensiero completo..

Bellissimo come l'hai scritto...e sono d'accordo...
...la mia culla è meraviglia esplosa, non ti dondola ma avvolge e ammanta.
La mia culla è poesia ansiosa di svelarmi quello che ti incanta...      

http://lamalavoglia.forumfree.it

Offline Sanzi

Re: La consapevolezza dell'artista
« Risposta #6 il: Mercoledì 27 Ottobre 2010, 22:14:18 »
L'intervento è molto lungo e ricco di mille spunti, a me ha colpito il discorso su Pasolini (ma Pas. non mi sembra realistico.. nemmeno neorealista) e il discorso finale, però secondo me nessuno potrebbe definire perché uno è un poeta, ma solo capire dal modo di usare il linguaggio che lo è, per esempio penso a Ungaretti, o Montale.
Sono molto belli alcuni passaggi all'inizio e alla fine quando si descrive il momento di sentire, o di staccarsi dalle cose, o di scrivere.. mi scuso se le mie parole sono povere qui ora nel riassumere..
.. sì, è difficile definire queste cose, l'arte è anche enigmatica, mi viene in mente un frammento di un uomo antico che non era un poeta ma lo ritenevano tale..
la sua definizione dell'oracolo
( -non dice e non nasconde
significa-) 

è ormai per me la mia definizione preferita di -arte-.

Ringrazio Massimiliano per lo spunto a riflettere

ferdan21

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Re: La consapevolezza dell'artista
« Risposta #7 il: Giovedì 28 Ottobre 2010, 12:13:18 »
L'intervento è molto lungo e ricco di mille spunti, a me ha colpito il discorso su Pasolini (ma Pas. non mi sembra realistico.. nemmeno neorealista) e il discorso finale, però secondo me nessuno potrebbe definire perché uno è un poeta, ma solo capire dal modo di usare il linguaggio che lo è, per esempio penso a Ungaretti, o Montale.
Sono molto belli alcuni passaggi all'inizio e alla fine quando si descrive il momento di sentire, o di staccarsi dalle cose, o di scrivere.. mi scuso se le mie parole sono povere qui ora nel riassumere..
.. sì, è difficile definire queste cose, l'arte è anche enigmatica, mi viene in mente un frammento di un uomo antico che non era un poeta ma lo ritenevano tale..
la sua definizione dell'oracolo
( -non dice e non nasconde
significa-) 

è ormai per me la mia definizione preferita di -arte-.

Ringrazio Massimiliano per lo spunto a riflettere


hai ragione da vendere.
l'arte è paradossalmente inconoscibile.
l'errore che in età contemporanea si commette è quello di credere che chiunque possa produrre arte...
è vero che siamo tutti poeti?
secondo me no.
come è vero che non potremmo mai essere tutti grandi pittori, e cosi via...
il fatto di scrivere non è significativo.
la maggior parte delle poesie e degli scritti che si producono nel mondo, sono solo spazzatura.
non è arte.
e non ha importanza che vengano da dentro, come dice qualcuno.
e da dove dovrebbero venire, da fuori?
L'arte esiste, ma è privilegio di pochi.
non di pochi eletti, ci mancherebbe altro. ma comunque di pochi.
tutti gli altri "ci provano", senza riuscirci.