Autore Topic: Re: non tutti credono in questo laboratorio  (Letto 724 volte)

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Offline Stefano Toschi

Re: non tutti credono in questo laboratorio
« il: Venerdì 8 Giugno 2007, 16:02:47 »
E' ovvio che proporsi di comporre in italiano in una forma che è tipica del giapponese comporta delle diversità rispetto all'originale, per esempio immagino che 17 sillabe in italiano finiscano per essere un po' più ristrette, come possibilità espressive, che in giapponese.
D'altra parte questo non significa che non abbia senso, o che non vi siano delle potenzialità.
Nè d'altronde, ci si può accontentare di accordare lo "spirito" al componimento Haiku.
Se una traduzione di un sonetto dal francese all'italiano può non rispettare il numero di versi, la metrica e la rima; non per questo scrivendo in italiano un testo con un qualsiasi numero di versi liberi, posso dire di aver composto un sonetto.
Lo stesso vale per l'Haiku.

Al link dato da Pietro aggiungo il seguente:
http://www.cascinamacondo.com/download/haiku/MANIFHAIKUMAC.pdf
che in 10 pagine di veloce lettura dà un interessante approfondimento a quanto gia presente sul nostro sito scrivere.info.
Lo stesso documento più aggiornato e più lungo (21 pagine) lo trovate qui:
http://haiku.cascinamacondo.com/pdf/haiku_2006/manifestoitaliano.pdf
e comunque consiglio agli interessati che gia non l'hanno fatto di vistare il sito:
http://haiku.cascinamacondo.com/index.asp

Ciao, Stefano. ;)
« Ultima modifica: Venerdì 8 Giugno 2007, 16:04:29 da Stefano Toschi »
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

filippo arge

  • Visitatore
Re: non tutti credono in questo laboratorio
« Risposta #1 il: Martedì 30 Dicembre 2008, 21:32:24 »
A proposito dell'haiku e della sua forma nonchè della sua natura, mi  permetto di riferire qui alcne idee del professor Leonardo Vittorio Arena. Egli dice: l'haiku è una composizione spontanea ( evidente paradosso). Ci si deve calare nella realtà, contemplandola come un prcesso, una serie di eventi estremamente fluidi. on a caso, dietro i maggiori poeti di haiku , come Basho, c'è la "filosofia" zen. Si consideri il seguente haiku.

                                      Una grossa lucciola,
                                      in vibrante tremolio,
                                      s'allontana, penetrante.

 La stesura del precedente testo ha impegnato l'autore, Issa, per parecchi mesi, benchè sembri il frutto di un'ispirazione spontanea.Tutto può divenire oggetto di un haiku: animali, vegetali, minerali, umani. Cade la distinzione tra soggetto ed oggetto, tipica invece del pensiero occidentale. Esiste solo la totalità ove ogni cosa ha importanza. Un koan spiega questo punto di vista: un uomo si reca dal macellaio e chiede: "Quale dei pezzi di carne in vendita è il migliore"?  Rispose il macellaio: "Qui, ogni pezzo è il migliore". A queste parole, l'uomo fu illuminato e capì lo zen.
Ossia: per lo zen ogni cosa ha pari dignità, ogni evento, che va dunque vissuto compiutamente.
Ecco perchè nell'haiku non roviamo, sintetizzate, un marea di impressioni, ma solo quell'impresione, quel momento Analogamente, il pittore giapponese non riempie tutto lo spazio del quadro, valorizza invece il vuoto, gli interstizi tra le cose. Non sono le cose ad essere importanti, ma lo sfondo vuoto in cui si iscrivono. Del resto, lo zen valorizza il silenzio, l'esperienza. Basho scrive: "Su un ramo secco/ si posa un corvo-/ crepuscolo d'autunno." Ecco il silenzio, il non-detto, o anche il dire senza dirlo quel che non può essere detto.Infine: commentare un haiku è impossibile, tradirbbe l'immediatezza dell'immagine.

L.V.Arena dalla prefazione a "Haiku" ed B.U.R