Autore Topic: L'espressionismo  (Letto 2506 volte)

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Offline Benito Ciarlo

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L'espressionismo
« il: Venerdì 17 Ottobre 2008, 15:51:36 »
La poetica dell’Espressionismo si distingue da quella delle altre avanguardie storiche (futurismo, dadaismo, surrealismo) in quanto legata a certe costanti della cultura tedesca quali la componente tragica e angosciosa, la voluttà di distruzione e di morte ed è costantemente caratterizzata dalla violenza dei toni.
L’Espressionismo è temporalmente collocabile tra il 1910 e il 1925, ma il suo periodo più intenso fu soprattutto negli anni immediatamente successivi alla fine della prima guerra mondiale. Si sviluppò prevalentemente nell’area germanica e a Praga.
Fra i tanti poeti appartenenti al movimento sono ancora molto lette le opere di Benn, Kliemm, Toller, Stramm e Trakl.

Di Toller propongo alla vostra rilettura i versi de ’’Il Muro dei Fucilati’’.

"Fra strida ed urla si torce la parete
Come dal corpo di San Sebastiano
cui mille frecce mille piaghe aprirono
altrettante la pietra rugosa sbrecciava,
da quando il sangue corse nella sabbia.
Furia assassina bruciava quei giorni,
la terra, grembo insozzato era fatta,
Dio ridivenne misero, nudo e spoglio.
Ma la parete rigida nell’accusa,
sempre materna ad ogni strazio umano,
sul cuore accolse tacita le vittime."

E, di Stramm, come dimenticare ’’Pattuglia’’ ?

"Pietre avversano
finestre ghignano tradimento
rami strangolano
monti cespugli si sfrondano frusciando
urlano
morte."

In molte delle opere di Bertold Brecht e l’Espressionismo scorgo delle affinità (sic!).
 La storia del reduce che torna nella Berlino sconvolta dai moti spartachisti di ’’Tamburi nella Notte’’ ne è secondo me, la più chiara dimostrazione. Ma anche ’’La Leggenda del Soldato Morto’’ non è priva di queste suggestioni.

"… Ed il dottore visitò con scrupolo
il soldato o i resti del soldato…"

Brecht: un precursore che non rinuncia, in barba al velleitarismo e all’arbitrio delle avanguardie, al recupero della componente razionale nell’arte, non senza dissidi interni né meccanicamente.
E’ sufficiente leggere una delle sue poesie, scritta quando l’Imbianchino (Hitler) conquistò il potere, per capire:

"In me combattono
l’entusiasmo per il melo in fiore
e l’orrore per i discorsi dell’imbianchino.
Ma solo il secondo
mi spinge al tavolo di lavoro."
[/b]
mi ha sempre stupito quali giri assurdi debbano fare i fiumi per passare sotto tutti i ponti (Beppe Grillo)

Offline Stefano Toschi

Re: L'espressionismo
« Risposta #1 il: Venerdì 17 Ottobre 2008, 16:29:33 »
Interessante. Conosco pochissimo la poesia tedesca.
Purtroppo, come avviene per tutte le poesie che non ho la possibilità di leggere in lingua originale, rimango sempre con l'impressione di averle lette solo a metà.
Certamente l'angoscia che si esprime in quei versi è frutto della situazione storica in cui sono state scritte, ma assume anche una valenza esistenziale che ha significato anche per noi oggi.
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

filippo arge

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Re: L'espressionismo
« Risposta #2 il: Sabato 18 Ottobre 2008, 15:06:30 »
Vorrei proporvi una poesia significativa dell'espressionismo tedesco. L'autore è Georg Trakl, poeta tragico, afflitto dall'alcolismo, preda della droga, tormentato dalla passione incestuosa per la sorella Grete. Morto suicida. Andò volontario in guerra , un atto di liberazione dai propri tormenti personali. Assistette alla battaglia di Grodek, dove dovette assistere 90 feriti senza avere a disposizione medicinali.
Nella poesia seguente c'è un senso di lutto collettivo, che esorbita dalla guerra, coinvolgendo, come si evince dall'ultimo verso, anche i discendenti, non nati, della generazione caduta al fronte  ("I nipoti non nati"). Tutto il testo è percorso da immagini luttuose: soldati morenti, sangue, l'ombra che tra essi si aggira della sorella (quella di Trakl stesso, morta di parto), il suono lugubre di flauti autunnali.

GRODECK

Risuonano a sera i boschi autunnali
di armi mortali, le auree pianure
e i laghi azzurri, sui quali il sole
più scuro s'irradia; abbraccia la notte
soldati morenti, il lamento selvaggio
delle lor bocche infrante.
Ma muto si va nelle pozze raccogliendo,
rossa nube, dove abita un dio in collera,
il sangue versato, brivido lunare;
tutte le strade finiscono in nera putredine.
Sotto i rami dorati della notte e le stelle
si aggira l'ombra della sorella per il silenzio del bosco,
a salutare gli spiriti degli eroi, il loro capo in sangue;
e lievi suonano nel canneto i cupi fleuti d'autunno.
O più superbo lutto! Voi, altari di bronzo,
la fiamma ardente dello spirito nutre oggi
un possente dolore,
i nipoti non ancora nati.

Offline Benito Ciarlo

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Re: L'espressionismo
« Risposta #3 il: Sabato 18 Ottobre 2008, 15:23:17 »
Ciao Valerio.Grazie per questo "terribile" contributo e per la pertinente premessa.
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Offline Benito Ciarlo

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 Else Lasker-Schüler
« Risposta #4 il: Domenica 19 Ottobre 2008, 09:56:39 »
 Else Lasker-Schüler, la grande poetessa che Gottfried Benn definì "l'incarnazione lirica dell'ebraico e del tedesco in una sola persona", nacque a Elberfeld in Vestfalia nel 1869 e morì a Gerusalemme nel 1945. Errabonda e fantasiosa frequentatrice del mondo artistico-letterario berlinese legato all'espressionismo, da lei trasfigurato in chiave mistico-magica, fu ispiratrice, amica e corrispondente dei massimi esponenti di quell'avanguardia, da Kraus a Benn, da Werfel a Trakl, da Loos a Walden, che sposò. Autrice di drammi e prose, insignita nel 1932 dell'importante Premio Kleist, fu costretta l'anno seguente all'esilio in Svizzera dall'avvento del nazismo.
Dalla quarta di copertina del libro di Else Lasker-Schüler  Ballate Ebraiche e altre Poesie ed. Giuntini

L’ultima stella

Il mio argenteo guardare stilla nel vuoto,
Mai presagii che la vita fosse cava.
Sul mio raggio più leggero
Scivolo come su trame d’aria
Il tempo in cerchio, a palla,
Instancabile la danza mai danzò.
Freddo serpente scatta il fiato dei venti,
Colonne di pallidi anelli salgono
E crollano di nuovo.
Che cos’è la silenziosa voglia d’aria,
Questa oscillazione sotto di me,
Quando io mi giro sopra i fianchi del tempo.
Un lieve colore è il mio movimento
Ma mai baciò il fresco albeggiare,
Mai l’esultante fiorire di un mattino me.
Si avvicina il settimo giorno –
E la fine non è ancora creata.
Gocce su gocce finiscono
E si sfregano di nuovo,
Nelle profondità barcollano le acque
E si accalcano là e cadono a terra.
Selvagge, scintillanti ebbre-braccia
Schiumano e si perdono
E come tutto si accalca e si stringe
Nell’ultimo movimento.
Più breve respira il tempo
Nel grembo dei Senzatempo.
Arie vuote strisciano
E non raggiungono la fine,
E un punto diventa la mia danza
Nella cecità.

"Sono nata a Tebe (in Egitto), quando sono venuta al mondo anche a Elberfeld, nella regione del Reno. Fino a undici anni sono andata a scuola, sono diventata Robinson, ho vissuto per cinque anni in Oriente, e da allora vegeto”.
Con questa nota, nel 1920, Else Lasker- Schüler comunicava i fatti più significativi della sua vita a Kurt Pinthus, che l’aveva inclusa in un’antologia di poeti espressionisti. Di vero qui troviamo solo il nome di Elberfeld, dove la poetessa era nata l’11 febbraio 1869, da genitori ebrei. Il resto è invenzione della tristezza.
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Offline Benito Ciarlo

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L'espressionismo in Italia: DINO CAMPANA
« Risposta #5 il: Mercoledì 22 Ottobre 2008, 22:07:59 »
CHIMERA

Non so se tra roccie il tuo pallido    (ha scritto proprio roccie!)
Viso m’apparve, o sorriso
Di lontananze ignote
Fosti, la china eburnea
Fronte fulgente o giovine
Suora de la Gioconda
O delle primavere Spente, per i tuoi mitici pallori
O Regina o Regina adolescente:
Ma per il tuo ignoto poema
Di voluttà e di dolore
Musica fanciulla esangue,
Segnato di linea di sangue
Nel cerchio delle labbra sinuose,
Regina de la melodia:
Ma per il vergine capo
Reclino, io poeta notturno
Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,
Io per il tuo dolce mistero Io per il tuo divenir taciturno.
Non so se la fiamma pallida
Fu dei capelli il vivente Segno del suo pallore,
Non so se fu un dolce vapore,
Dolce sul mio dolore, Sorriso di un volto notturno:
Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti
E l’immobilità dei firmamenti
E i gonfii rivi che vanno piangenti
E l’ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti
E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti
E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.

______________

da Wikipedia:

Campana adotta un linguaggio tipicamente espressionista attraverso l'utilizzo del «chiaroscuro», reso dall'accostamento di termini che richiamano una lucentezza intensa, come "fronte fulgente" e "stelle vivide", con parole che esprimono un'opposta dimensione coloristica, "volto notturno" e "l'ombre".

Il «se» ipotetico che segue il «Non so» d'apertura è importante perché rafforza quell'idea di mistero e d'inafferrabilità che pervade l'intero componimento. Lo stato di ipotesi è confermato dagli aggettivi «pallido» ed «ignoto» ripetuti più di una volta nel testo che si riferiscono a ricordi passati, «fosti», «fu», dei quali l'antica nitidezza è quasi del tutto svanita dal passare del tempo. Il poeta non ha certezze riguardo la poesia perché il ricordo delle immagini è sbiadito: esso non appartiene ad un passato storico ma ad un passato fantastico che trova la propria collocazione spaziale nella sua immaginazione. L'unica possibilità è ricordare in modo confusionario e disordinato brevi apparizioni, «m'apparve», che costituiscono i singoli frammenti di un immenso mosaico irricomponibile in modo compatto ed razionale.
« Ultima modifica: Mercoledì 22 Ottobre 2008, 22:15:04 da Benito Ciarlo »
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