Vorrei considerare ciò che l’autore ha considerato nel momento in cui ha deciso di scrivere “Mai gli occhi conobbero il pianto”.
Leggendo e rileggendo questa poesia ci si accorge di come il dolore faccia capolino quando invece doveva festeggiarsi la nascita di un nuovo venuto al mondo, un nuovo venuto ai colori della vita e che quella vita non lo ha visto nascere con il primo vagito, segno della vita sbocciata.
L’autore, direttamente coinvolto, con un gesto alquanto sincero, sofferto e doloroso ha voluto circostanziare l’evento che nel suo evolversi triste, molto ben evidenziato, lo ha diretto anche alla puerpera.che si è vista rapire il proprio frutto ancor prima che vedesse la luce del cosmo.
Leonardo si rivolge pure al suo piccolo congiunto con l’animo ebbro di afflizione smisurata e con occhi di pianto, quel pianto mai conosciuto e che doveva appartenere al piccolo nascituro in salute.
Lo paragona alla felicità delle rondini in volo, è come lo avesse al suo cospetto, col suo corpicino roseo nel viso di innocente, esultante tra braccia d’amore; tutt’altro ora è preda del freddo, rannicchiato come in grembo, così come ancor prima di vivere.
Nella sua disperazione comunque inneggia speranza quando dice “ sei spicchi di luce”” e vita eterna”.
Certo è che fa intendere anche il grande dono della rassegnazione che lenisce il dolore e lo raffredda ma mai lo fa scomparire, in quanto è come infondere che quel corpicino ora è Angelo e che quell’Angelo si è fatto dono in Paradiso, è salito in cielo, veglia, circonda d’amore celestiale ed è vicino.
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