"IN QUEL CORTILE ANTICO"
di Elisabetta randazzo
Voglio arrivare prima dell'alba
nel paese della mia infanzia
dove possa riposare lo sguardo
in quel cortile antico.
Rubo l'immaginazione alla mia mente
e mi rivedo bambina negli azzurri mattini,
sui giovani prati gocciolanti di rugiada,
ogni tanto soffocati dalla nebbia.
Don... Don... il vecchio campanile
annunciava il un nuovo giorno.
Nascosto dalle nuvole
un uccello volava,
impaurito dai quei battiti.
La chioma del vento danzava
urtando le querce brune.
Da lontano le finestre dei casolari
erano opache di brina.
Sfuggivano dalle fessure
delicati aromi di mattina.
Ma ora, dietro i vetri
ci sono mani che sfiorano i ricordi
come uno scrigno intarsiato dalla vita.
Prima parte del commento.
Il diritto d’essere amati, quello di curiosare sul mondo con l’incanto di scalare i sogni (quasi potendoli scegliere), convinti che s’avverino sempre, ha il nome della fanciullezza. Gaia e spensierata, semplice e spontanea, in una sola parola: pura. Si, quel primo periodo della vita, più s’allontana e più s’avverte il bisogno di poterlo rivivere, sia pure un istante soltanto, in una sorta d’abbraccio, prima che fugga per sempre. Voltarsi indietro, segno del rimpianto, esprime un sentimento d’analisi, introspettivo; risalire sino agli esordi innocenti del proprio cammino, mettendo a frutto la sensibilità di cui si è capaci, consentitemi: è tipicamente poetico. Riassaporare quelle immagini (“gli azzurri mattini”, “i prati gocciolanti”, “le finestre dei casolari”…), i profumi delle nostre origini e quel sentirsi liberi, mi permetto d’aggiungere, dall’assillo del tempo (il tempo, quando si è bambini, è un concetto irrilevante, essendo, il tempo, talmente illimitato da non doverlo bruciare con l’ansia), riportano l’autrice, e con la sua contagiosa bravura, noi tutti, ad ammirare il suo sguardo di donna posarsi…”sulla rugiada”, “la brina”, “la nebbia”, “l’eco di campane distese”…annunciare il nuovo giorno. Lei e lì, ancora una volta, nel suo indimenticabile cortile antico…puntuale nel momento solenne: l’aurora…quando un uccello, impaurito, s’allontana dal rintocco potente del campanile, la chioma del vento danza sulle brune querce, si liberano gli aromi del fresco mattino (pensiamo agli odori della vegetazione, quello del pane fuoriuscire dal forno, il silenzio coprire le valli…). Elisabetta…quanta nostalgia nel rivedere?