Autore Topic: "Una luna di dolore" di Francesco Luca  (Letto 2239 volte)

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Offline Marina Como

"Una luna di dolore" di Francesco Luca
« il: Mercoledì 14 Novembre 2007, 16:49:03 »
Nascosto tra le macerie di una baracca morta
ho perso madre e padre...
non vedo più i miei fratelli
sono fuggiti ai primi suoni delle sirene del terrore
Non scorgo il sole là fuori
solo bagliori chimici di morte
Il freddo lacera la pelle
come spine appuntite
Ho fame...
ho sete
ma solo polvere e massi mi fanno compagnia
mentre la gente urla e piange sangue
e gli altri cadon morti
come formiche calpestate
Rombi di aerei militari e missili
stordiscono la mente
Non mi sposto di un millimetro
ho paura di vedere
l’apocalittico teatro della guerra!
Non chiedo nulla al mio Dio...
non chiedo pane né amore...
non ho più nulla da implorare
non cerco nulla dalla vita
Vorrei soltanto rivedere
prima di sparire con il vento
la Luna amica della notte a Baghdad!

08.11.2007
Se voglio fare la stronza ci riesco bene.  Talmente bene che quasi quasi ci sono. O forse ci sono.  Si, deciso.

Offline Marina Como

Re: "Una luna di dolore" di Francesco Luca
« Risposta #1 il: Mercoledì 14 Novembre 2007, 17:53:36 »
Commento critico.
Una poesia sulla guerra che offre una prospettiva dall'interno. Il poeta parla in prima persona, e questo permette un senso di empatia immediato, anche con l'uso di  parole semplici, come il tema trattato, parole di uso (purtroppo) quotidiano. Ne consegue un grande rispetto per l'individuo che non è specificato nei suoi tratti somatici.
I vocaboli semplici, pur tuttavia, non debbono far pensare ad un loro uso che non sia accuratamente studiato.
Già nel primo verso l'uso dell'ipallage "baracca morta" sposta la morte delle persone care, alla casa, una semplice baracca, ma ricca di storie ormai andate (concetto che subito viene specificato nelle righe successive): la casa che non c'è più; e riprende con le "sirene del terrore". Il poeta continua esprimendo il disagio fisico dell'individuo che subito però si rivela come disagio introspettivo con il "ma" antecedente "solo polvere... fanno compagnia" (è la solitudine che è ben sottolineata); dal particolare, il poeta apre lo scenario nei seguenti versi offrendo la panoramica dell'intorno con una tecnica quasi di zoomata cinematografica. Efficacissima l'immagine seguente delle persone vicine e di alta poetica il "piange sangue".
Se voglio fare la stronza ci riesco bene.  Talmente bene che quasi quasi ci sono. O forse ci sono.  Si, deciso.

Offline Marina Como

Re: "Una luna di dolore" di Francesco Luca
« Risposta #2 il: Mercoledì 14 Novembre 2007, 18:24:16 »
Più avanti troviamo ancora dilatarsi il panorama che giunge sino all'orizzonte dove al lettore par anche di sentire il rumore della guerra (ben rappresentati con il verso "stordiscono" dove l'udire dei "rombi" degli aerei è translato al sentito dalla "mente" in cui l'autore gioca con il doppio senso del vocabolo). Nella seconda metà la prospettiva si ripiega su sè stessa e riappare più prepotente lo scorcio individuale sino agli ultimi versi che ci accompagnano ad una azzeccatissima chiusa che invece stupisce sia per introspettività (la luna che vede il soggetto, "amica", non la nostra) sia per descrizione (Baghdad sotto la luna) dando spessore e contesto storico al fatto narrato, offrendo un senso di denuncia sociale, non più qualunquista per tutte le guerre (comunque condannate), ma per la guerra in oggetto.
L'unica nota che vedo stonata è nel verso "e gli altri cadon morti" dove "gli altri" quasi sposta l'attenzione verso il qualunquismo (succede agli altri, non alle persone che sanguinano, non a me) mentre il senso credo sia quello di contrapporre il terrore di chi è ancora vivo, con chi invece non può più strillare. Sebbene anche "gente" sia un termine opinabile, è ben inserito ed efficace poichè appunto si stà facendo una panoramica. Forse userei 'alcuni cadon morti'.
Se voglio fare la stronza ci riesco bene.  Talmente bene che quasi quasi ci sono. O forse ci sono.  Si, deciso.