Credo possa essere interessante leggere insieme una poetessa contemporanea come Patrizia Valduga.
Non intendo fare una presentazione dell’autrice, che si può facilmente trovare in internet, do solamente qualche cenno biografico.
Nata a Castelfranco Veneto nel 1953, ha compiuto gli studi universitari a Venezia, è stata la compagna del poeta Giovanni Raboni fino alla morte di lui (2004). Ha esordito nel 1982 con l’opera Medicamenta (Guanda, Milano). Vive a Milano.
Le sue poesie, spesso catalogabili nel genere erotico, si sviluppano sul binomio amore e morte.
Il linguaggio tende agli opposti estremi della letterarietà e dello sconcio, talvolta del comico. Interessante l’uso esclusivo di forme metriche chiuse, classiche, tanto da farne una capostipite del così detto neometricismo. Tutte espressioni attraverso le quali si manifesta l’io sradicato, infelice, emarginato della poetessa, ma più in generale dell’essere umano, sensazione acuita dall’esperienza della condizione femminile, e che si esprime ora nella ribellione, ora nell’autocommiserazione.
Quello seguente è il primo dei sonetti di Medicamenta.
Si sviluppa in una sorta di dialogo tra un lui ed una lei segnato da una sostanziale incomunicabilità sottolineata dall’alternarsi di espressioni liriche e di tono dialogico quasi volgare, ma che ben riesce a far partecipare il lettore dell’esperienza.
Nel luglio altero, lui tenero audace,
sensualmente a me lanciava da là:
prima di sera io ti scopo. Ah.
Fra trafficar di sguardi dove pace,
dove l'incompenetrabilità...
dove il tempo in quest'ombra... Lui tace
in un empio silenzio a farne fornace.
Poi apri, m'intima, apri... più dentro già
si spinge con suo tal colpo segreto.
Umidore, pare bacio di calore
su ammucchiarsi d'umano, alto m'accappia.
O inverni e lirici slanci (con metodo).
Mi sale... mi scende... io come granata
esplosa, contusa, to', che si sappia.
(da Medicamenta, Guanda, Milano 1982)