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Giusy Cancemi, nata ad Avola nel 1976, vive a Marzamemi, bellissimo borgo marinaro della meravigliosa Sicilia orientale, dopo aver vissuto per dieci anni nella bellissima Portopalo di Capo Passero, che ancora porta nel cuore. Madre e moglie a tempo pieno, scopre di amare la poesia in uno strano modo, quando in una dolorosa parentesi della sua vita perde il nonno, figura quasi paterna, e lo zio paterno. Comincia ad estirpare il dolore, scrivendo, ritrovando un dialogo col suo amato mare, che la tiene a se' sin da bambina; da quel dialogo nelle sere d'estate scopre l'amore per la poesia. Nel marzo del 2009 a Butera si aggiudica il premio ''Fortunato Pasqualino'' della giuria con la poesia ''L'albero della vita'', che verra' poi inserita nell'antologia che ne prende il nome. Nell'aprile 2009 partecipa al concorso letterario 'Il risveglio delle I-dee' a cura di Vera Ambra con la poesia 'Riflesso', dove ancora una volta la sua poesia viene scelta per essere inserita in un antologia d'autori emergenti. Nel Luglio 2009 viene premiata nel concorso Il Saggio città di Eboli con la poesia "Fede". Sta lavorando su diversi progetti che presto rendera' noti, responsabile gia' di un noto gruppo di poesia in Facebook che sta riscontrando un gradito successo, conta e spera di divulgare la poesia, perche' la poesia, lei aggiunge, e' l'unica prova dell'esistenza dell'uomo, la poesia aiuta a vivere.
Giusy Cancemi, che trae il proprio mondo dall’esperienza immediata, può fare ampio ricorso al simbolismo dell’immagine e alla suggestione musicale e coloristica mediante un ripetere, sia pure con un virtuosismo disperato, ma fine a se stesso, le forme e gli archetipi del passato che non è mai passato dentro un universo immutabile dalla rigida e fredda perfezione.
Al di là di ogni dato sensibile, nel perseguimento di una unità tanto profonda quanto tenebrosa, come può esserlo il sogno di un lirismo puro, con le sue ingenuità e le sue complicazioni, per giungere oltre il concreto, anche il concreto dei sentimenti, all’indicibile o all’ineffabile, serve un miscuglio assai piacevole di raffinatezza e di sincerità, gli slanci verso Dio e le rinnegazioni improvvise.
Quindi è a partire dal mare che Giusy Cancemi costruisce la sua poesia. Una poesia da intendere come qualità ontologica. Almeno per tre motivi, direbbe Giusy, perché quello che lei fa, lo fa poeticamente: i siti dei luoghi naturali che disegna hanno a che fare col mare, perché è lì che si va a collocare, designando, di volta in volta, uno stato che può essere della psiche o dell’anima, una condizione del cuore o della mente, una empatia verso le occasioni che già si sono perdute, oppure verso le altre che sono ancora da ritrovare.
Giusy è un osso duro: ha molte vite. Non fa in tempo a morire che subito risorge, come l’araba fenice, dalle sue ceneri. Non è un esistenzialismo di tutti i giorni il suo, almeno non semplicemente l’interfaccia con un mondo capace di disfarsi velocemente, ma qualcosa di denso, di intrecciato, di plurale, di cangiante. Vari esistenzialismi ma una sola ontologia, un solo essere...Dunque scelte formali mai pedisseque nei confronti della metrica classica e di un lessico selezionato. Cosicchè la purezza estetica non viene mai intaccata dal magma linguistico la cui scaturigine è l’inconscio sempre alle prese con i suoi rimossi. Tra le tante composizioni di Giusy Cancemi, una delle più belle, dal punto di vista lirico, è quella intitolata Fede, scritta per esprimere la sua gratitudine di creatura terrestre e umana al supremo ente divino che con tanta saggezza riesce a tenere in ordine il mondo dispensando la giusta armonia e il giusto equilibrio. Leggerla è come ascoltare Ron quando, in coppia con Tosca, canta Vorrei incontrarti fra cent’anni; oppure Franco Battiato mentre canta La cura. Quando la poesia provoca queste sensazioni, non ho detto sotto-sensazioni, ho proprio inteso le sensazioni migliori, vuol dire che è la qualità ontologica che intrinsecamente la istituisce nell’animo del poeta e, in questo caso, della poetessa. Ecco perché è una poesia che parte dal silenzio...." Nino Muccio. |
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